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Il digitale non sta dando i risultati attesi: i problemi e come superarli

Pubblicato il 23 novembre 2023 su AgendaDigitale.eu
La trasformazione digitale si sta rivelando un processo complesso, ricco di ostacoli e di sfide da superare. Senza una strategia ben definita, l’adozione delle soluzioni digitali rischia di essere disordinata e inefficace. Vediamo le criticità principali e le possibili azioni migliorative
Vincenzo Calabro' | Il digitale non sta dando i risultati attesi
La trasformazione digitale dei servizi o dei processi produttivi è sinonimo di innovazione e incremento delle performance aziendali. Questo mantra, che ascoltiamo da decenni, però stenta a concretizzarsi in risultati reali, visibili e misurabili e, inoltre, non è percepito dall’utenza in termini di vantaggio economico o personale.
Cerchiamo di capire quali siano le cause che rallentano, o addirittura peggiorano, il raggiungimento dei risultati tanto annunciati nelle campagne o nei progetti di digitalizzazione e, soprattutto, quali possano essere i rimedi per rimuoverle.

Indice degli argomenti

  • Digitale, una rivoluzione lunga 50 anni
  • Le tre macrocategorie del processo di digitalizzazione
  • Le principali criticità riscontrate
  • Le possibili azioni migliorative
  • Conclusioni

Digitale, una rivoluzione lunga 50 anni

Facciamo una piccola premessa, che potrebbe apparire sviante, ma rende l’idea di quale sia l’obiettivo.
Stiamo già vivendo nell’“Era Digitale”. La Rivoluzione digitale è iniziata circa cinquant’anni fa, infatti la maggior parte delle attività analogiche o meccaniche sono state sostituite o integrate con processi basati sulle tecnologie digitali, come ad esempio: Database, Internet, Cloud, IoT, Big Data, Artificial Intelligence, Blockchain. In molti casi, l’utente non si è accorto di questa trasformazione perché l’ha recepita in maniera naturale e, soprattutto, conveniente.
In questa transizione alcuni processi di trasformazione sono stati accettati favorevolmente, perché hanno avuto evidenti ricadute positive; altri, invece, sono stati mal recepiti, perché divenuti ostici nella fase di attuazione; altri, ancora, hanno miserabilmente fallito l’obiettivo, perché sono risultati antitetici rispetto agli obiettivi attesi.

Le tre macrocategorie del processo di digitalizzazione

Per tanto, possiamo suddividere i processi di digitalizzazione in tre macrocategorie:
  • Processi che hanno una ricaduta positiva in termini di efficienza, redditività, miglioramento delle performance, economicità, semplificazione, velocizzazione, ecc.
  • Processi che hanno un ritorno positivo solo per il soggetto attuatore, mentre trasferiscono la parte gravosa del lavoro ad altri stakeholder.
  • Processi che non migliorano, o addirittura peggiorano, le prestazioni, ma sono stati comunque avviati esclusivamente per adempiere a degli obblighi normativi.
L’analisi dei fattori negativi e positivi delle tre categorie enunciate ci consente di individuare quali possano essere gli elementi di criticità e le soluzioni per rimuoverli.
Nel settore privato è relativamente semplice valutare i benefici derivanti dalla digitalizzazione dei processi, perché in quell’ambito già esistono degli indicatori economici che misurano le performance aziendali. Di converso, nel settore pubblico è molto più complicato stimare il ritorno dell’investimento in processi di digitalizzazione, perché occorrerebbe mettere a confronto il costo del servizio con il livello di servizio erogato e il gradimento dell’utente.
Per rendere unico e comparabile il metodo di analisi, non si prenderà in considerazione la variabile connessa all’utile d’impresa, presente solo nelle organizzazioni con un fine economico, ma le altre variabili come il costo sostenuto, le performance, il tempo, la qualità, la semplificazione e l’usabilità.

Le principali criticità riscontrate

Le principali criticità riscontrabili nei processi di digitalizzazioni non performanti sono:
  • Assenza o carenza di progettualità: vuol dire che il processo di trasformazione non è il frutto di un progetto di digitalizzazione, che tenga conto del contesto, delle esigenze, dei requisiti e dei risultati attesi, ma è il risultato dell’acquisizione di un modello/prodotto già esistente, eventualmente leggermente adattato al contesto. Per cui l’organizzazione, anziché migliorare i propri processi, è costretta a modificarli per recepire il cambiamento con un conseguente aggravio degli oneri;
  • Assenza di indicatori legati alle performance: spesso il processo di trasformazione è vissuto come un obbligo normativo, o una tendenza del momento, e non tiene conto delle ricadute in termini di efficienza, economicità o miglioramento della performance in una visione globale che comprenda tutti gli stakeholder.
  • Tempi di realizzazione ristretta: a volte la calendarizzazione di un progetto di digitalizzazione è contingentato da altre scadenze, connesse ai finanziamenti o ai termini di legge, per cui vengono arbitrariamente contratte le fasi (pianificazione, analisi, progettazione, implementazione, testing, avviamento), a discapito della qualità del risultato finale.
  • Mancato coinvolgimento degli stakeholder: in alcuni casi il processo di digitalizzazione è stato sviluppato tenendo conto solo dei requisiti del soggetto attuatore e non sono stati convolti gli altri stakeholders che comunque fruiscono o interagiscono con i servizi interessati. Ciò comporta che per qualcuno il processo porta dei benefici, per altri, spesso la maggioranza, diventa un onere o un aggravio di lavoro.
  • Resistenza al cambiamento: è notorio che ogni trasformazione deve fare i conti con la resistenza al cambiamento. Potremmo dire che è un fenomeno umano presente in tutti i contesti e, pertanto, deve essere gestito. Spesso i processi di digitalizzazione non sono performanti perché non hanno contemplato questa criticità nell’ambito dei requisiti.
  • Carenza di processi di reingegnerizzazione: la dicotomia tra organizzazione e tecnologie è consolidata. Non prevedere la riorganizzazione dei processi equivale ad acquisire tecnologie innovative da introdurre in organizzazioni che operano sulla base di modelli amministrativi ormai superati da 40 anni.
  • Mancanza di visione sul medio/lungo periodo: i progetti prevedono il raggiungimento di obiettivi semplici e immediati, per esempio il passaggio dai sistemi on-premise al cloud, mentre sono carenti di visione a medio/lungo termine che gli consenta di diventare nativi digitali.
  • Carenza di competenze: i destinatari dei finanziamenti spesso non hanno le competenze necessarie per affrontare il processo di transizione digitale, per cui impegnano le risorse sull’acquisto di nuove tecnologie senza tenere conto degli aspetti di reingegnerizzazione dei processi con cui si possono ottenere reali benefici.
  • Ridondanza dei dati e delle attività: l’assenza di competenze, progettualità e visione d’insieme, può comportare la duplicazione dei dati e delle attività, anche all’interno della stessa organizzazione, rendendo di fatto vano il processo di trasformazione digitale che, invece, dovrebbe tendere alla razionalizzazione, efficientamento e semplificazione.
  • Insicurezza delle informazioni: i processi di trasformazione digitale raramente affrontano il problema della sicurezza delle informazioni. Ciò comporta, da un punto di vista prettamente tecnico, l’assenza di un requisito obbligatorio per molti e, per quanto riguarda i risultati attesi, l’incremento dell’incertezza e, quindi, la riduzione della fiducia e delle performance da coloro i quali dovrebbero trarne dei benefici.

Le possibili azioni migliorative

I temi introdotti rappresentato le maggiori problematiche che bloccano qualsiasi processo innovativo digitale, proviamo a delineare le azioni necessarie per superarle.
Partiamo dalle norme. Se andassimo a rileggere gli interventi normativi e regolatori, volti a migliorare la digitalizzazione dell’apparato pubblico e del sistema produttivo, troveremmo queste parole-chiave: semplificazione, riorganizzazione, cittadini, utenza, trasparenza, partecipazione, qualità dei dati, formazione delle risorse umane, qualità dei servizi, gestione associata, protezione dei dati personali, patrimoni informativi pubblici, sicurezza informatica.
Da cui possiamo dedurre che il quadro normativo è moderno, adeguato al contesto e completo.
Se, invece, esaminassimo i progetti di digitalizzazione, ci renderemmo conto che sono carenti di alcune peculiarità che consentirebbero di superare le criticità citate nel paragrafo precedente.
  • Progettualità olistica: Le tecnologie digitali non possono determinare il digitale delle organizzazioni senza avere preso in esame gli aspetti e i processi di riorganizzazione, semplificazione, qualità dei servizi in rete. La dicotomia tra organizzazione e tecnologie è un vincolo forte per concretizzare processi nativi digitali.
  • Coinvolgimento di tutta la catena degli stakeholder: un processo di trasformazione digitale deve tenere conto degli effetti su tutta la catena di stakeholders, altrimenti rischia di diventare performante per alcuni e gravoso per altri.
  • Previsione di indicatori di performance reali: è opportuno misurare il miglioramento a cui si è pervenuti a seguito di un progetto di digitalizzazione. Ciò consente di verificare il ritorno dell’investimento e controllare il target qualitativo del servizio raggiunto.
  • Centri di committenza competenti: è fondamentale canalizzare i finanziamenti per la transizione digitale verso centrali di committenza che abbiano le competenze necessarie per avviare e gestire processi di digitalizzazione, anche per conto di altri soggetti, affinché le risorse non siano sprecate e non vengano raggiunti gli obiettivi attesi.
  • Sicurezza informatica: la certezza e la protezione del dato digitale rappresenta il volano della transizione digitale. Non tenere conto di questi aspetti, nell’intero ciclo di vita dei processi, espone al rischio di perdita di confidenzialità, integrità e disponibilità e, di conseguenza, all’impossibilità di raggiungere gli obiettivi previsti.
  • Processi nativi digitali: per raggiungere obiettivi di digitalizzazione ottimali è necessario abbandonare i vecchi modelli e ripensare in ottica nativa digitale. Ciò comporta processi complessi che tengano conto anche dei fattori legati al cambiamento.

Conclusione

In sintesi, la trasformazione digitale dei servizi o dei processi produttivi non è un processo che si esaurisce con l’acquisizione di tecnologie o la trasformazione del dato da analogico in digitale, ma è una vera e propria rivoluzione. Pertanto, occorre ripensare tutti i processi in ottica digitale, abbandonare i vecchi schemi, per ottenere tutti i benefici che essa comporta.
Viceversa, se continuassimo ad impegnare le risorse economiche, umane e tecnologiche senza tenere conto di questi fattori, non raggiungeremo gli obbiettivi di efficienza ed economicità attesi e, soprattutto, rischieremmo di uscire da interi comparti perché divenuti non competitivi.
La trasformazione digitale non è più semplicemente un'opzione, ma una necessità fondamentale per garantire la competitività e il posizionamento strategico di un Paese nel panorama globale in continua evoluzione.